Angelo Lambertini acquistò nel 1963 una proprietà di circa 100 ettari a San Chierlo di Monte San Pietro e decise ben presto di produrre vino in questo luogo. La zona era vocata; già nel 1500 i terreni di San Chierlo erano coltivati dalle sapienti mani dei Berghetti, esperti vignaioli. All'inizio degli anni '60 si stavano mettendo le basi per la valorizzazione del comprensorio dei Colli Bolognesi e di questo processo Angelo Lambertini fu sicuramente protagonista, assieme ad altri produttori.
Il richiamo esercitato dall'attività agricola, e vitivinicola in particolare, era forte. Suo padre Vincenzo infatti, trasferitosi all'inizio del secolo a Casalecchio di Reno da Zola Predosa e prima ancora da Monte San Pietro, dove era nato, aveva avviato un'attività commerciale basata prevalentemente sul vino che veniva prodotto nelle cantine nei pressi di casa da uve acquistate proprio a Monte San Pietro, da sempre zona eletta e punto di riferimento (ancora oggi) per la determinazione del prezzo alla borsa merci di Bologna. Da bambino pertanto (era nato il 16 maggio 1910) l'aria che aveva respirato odorava di vino. Secondo dei sette figli di Vincenzo Lambertini e di Elvira Battistini, condivise ben presto con i genitori le responsabilità della famiglia, essendo venuto a mancare, a soli 17 anni, il fratello maggiore Alberto.
Successivamente alla seconda guerra mondiale si dedicò alla ricostruzione delle case di famiglia, andate distrutte, e proseguì poi con l'attività di imprenditore edile realizzando una parte notevole del suo operato a Casalecchio, luogo che gli fu sempre caro. Nel 1963, ottenuto il successo nell'attività di impresa, per Angelo Lambertini, persona piena di intraprendenza e voglia di fare, i tempi erano maturi per buttarsi in questa nuova avventura. Il tutto fu realizzato nel breve volgere di pochi anni. Vennero piantati i vigneti, costruita la cantina e vide la luce, pochi anni dopo, la ristrutturazione dell'antica osteria con la creazione del ristorante aziendale. Angelo Lambertini ricevette grande aiuto dalla collaborazione di una persona di grandi capacità, Mario Carboni, che divenne poi non solo il capo cantiniere ma un vero e proprio punto di riferimento per tutto ciò che è stato realizzato.
Fu in questo periodo che decise di identificare l'azienda con il nome di Tenuta Bonzara, dal monte che si trova nelle vicinanze, svincolandolo dalle vicende delle persone che vi erano coinvolte.
I primi imbottigliamenti e le prime etichette risalgono al 1970. Di lì fu un crescendo, di impegno e di entusiasmo, che si arrestò solo nel 1986, quando, a 76 anni di età, venne a mancare il fondatore.
Questo entusiasmo tuttavia fu contagioso e ben presto si trasmise al figlio Francesco, che negli ultimi anni della sua vita lo aveva affiancato nella conduzione dell'azienda e di altri interessi familiari. Il testimone era stato ormai consegnato. Si trattava, per Francesco, di cominciare a correre così come, in tutta la sua stagione professionale, aveva corso, e con risultati ragguardevoli, il padre Angelo. Francesco svolgeva già allora l'attività di docente universitario alla Facoltà di Economia dell'Università di Bologna, ma il legame affettivo con l'azienda di famiglia era così forte da convincerlo che valeva la pena proseguire sulla strada tracciata dal padre.
Cominciò così la seconda tappa di questo percorso che ha avuto un momento di svolta nel 1993, allorchè si decise di modificare la filosofia produttiva dell'azienda, in dipendenza dal rapido cambiamento delle esigenze dei consumatori, che ad una repentina diminuzione della quantità di vino consumata, accompagnarono la richiesta di un più elevato livello qualitativo.
E' di quell'anno infatti l'affidamento della consulenza viticola ed enologica a Vittorio Fiore e Stefano Chioccioli, oggi sostituito da Stefano Landi, tecnici che maggiormente si sono distinti, a livello nazionale e non solo, nel processo di qualificazione che il vino italiano ha conosciuto negli ultimi anni.
In prima battuta si abbassarono drasticamente le rese unitarie mediante potature corte e la pratica del diradamento dei grappoli nel periodo estivo. In cantina si andarono affermando pratiche enologiche tese a valorizzare i caratteri varietali dei vitigni, con maggiori estrazioni di profumi e sapori.
Si introdusse in quegli anni l'utilizzo di botti piccole (barriques e tonneaux) nel processo di affinamento dei vini di qualità, in particolare rossi.
Proseguendo poi in una impostazione aziendale da sempre aperta all'accoglienza, la Tenuta Bonzara ha iniziato, nei primi anni novanta, l'attività agrituristica, arricchendo l'offerta del ristorante con la disponibilità di alloggi per ospitare fino a 16 persone.
Si è realizzata in quegli anni anche la mostra permanente delle "Tradizioni agricole di collina", piccolo ma ben curato museo dove hanno trovato posto diversi oggetti di una cultura ormai in via di estinzione e tuttavia meritevole di essere tenuta viva.