C'era una volta (e per nostra fortuna, c'è ancora) ad una manciata di chilometri da Reggio Emilia un triangolo di fertile pianura lambita dalle acque del Crostolo e del Tresinaro. Il vertice è Montericco, di nome e di fatto: una piccola località collinare immersa in un paesaggio dolcissimo. Al centro, Villa Canali, in vista di Scandiano, delle Quattro Castella di Matilde e di Albinea, già appollaiata sui primi declivi dell'Appennino.
Qui, - i reggiani lo sanno bene - il clima è davvero favorevole, l'olivo cresce spontaneo sulla linea di confine tra piano e monte, e le vigne trovano da sempre la loro collocazione ideale, bene esposte a mezzogiorno e ben piantate sui declivi ghiaiosi dei torrenti.
Qui il Grasparossa è a casa sua, così come gli altri vitigni del Lambrusco. Motivo più che sufficiente da parte dei nostri nonni per realizzare una cantina "modello", quella di Albinea Canali, arrivata intatta fino ad oggi e rinnovata con giudizio nel momento in cui è entrata a far parte della grande famiglia Riunite.
Nei primi decenni del secolo scorso le fortunate terre a sud di Reggio e della Via Emilia erano punteggiate da ville rurali. Qui da sempre la viticoltura l'ha fatta da padrona. Quando veniva settembre le campagne erano percorse da "strani" personaggi, i mediatori, che acquistavano le migliori uve di Lambrusco al prezzo più basso possibile per fornire piccole o grandi cantine in altri angoli della provincia. Fu questa con ogni probabilità il motivo per cui nel 1934 l'ingegner Lorenzo Motti, e il ragionier Riziero Camellini iniziarono ad aggregare prima sette, poi dodici vignaioli del Lambrusco e dell'Ancellotta per realizzare una nuova cantina a Canali e dare finalmente un'alternativa ai "soliti" commercianti. L'idea piacque a tutti, padroni e salariati, e così due anni dopo nacque la premiata Cantina Albinea Canali che, col successo della produzione, arrivò nei decenni successivi a contare centosettanta conferenti.
Ci piace ricordare che il più soave tra i cantori latini, Virgilio, si sia attardato più volte nei suoi componimenti a parlare della vite Lambrusca, delle sue foglie, dei suoi grappoli, inconfondibili già duemila anni orsono nelle pagine delle Egloghe. Sì, perché tra satiri e ninfe che popolavano l'immaginario agreste dell'evo antico tra Mantova e l'Emilia, tra il Po e l'Appennino, un posto di primissimo piano aveva già questo nostro amato vino.
E il Lambrusco proprio per le sue caratteristiche di originalità, tra i più antichi vitigni autoctoni italiani, per la sua natura frizzante e armonica, corroborante e scacciapensieri, è un vino unico, senza pari. Lo si abbina volentieri a tutti i piatti sapidi della cucina di territorio emiliana e padana, ma anche con creatività e soddisfazione alla nuova cucina internazionale.
Freschezza e profumi persistenti, ne fanno un cult ad esempio nel matrimonio con salumi tipici e formaggi a pasta dura, a tutto pasto oppure come aperitivo. Con varie tonalità di "secco" o di "amabile", scuro e grosso di corpo come il Grasparossa, inebriante di acidità come il Sorbara, o equilibrato come il Marani e il Maestri, il Lambrusco è sempre una festa.
Basta entrare in Cantina e l'atmosfera è subito colta: grande respiro e suggestione davvero rari in un opificio, le capriate del tetto in legno che suggeriscono trasparenza e calore, leggerezza e resistenza. La Cantina nacque già nella mente dei padri fondatori forte di un progetto all'avanguardia, senza lesinare spazio, razionale, estesa più in orizzontale che in verticale, con grandi vasche in cemento, ed un ampio tetto.
L'intervento di restauro conservativo ha visto mettere mano alla struttura con garbo e grande attenzione all'edificio storico e all'ambiente circostante, accostandolo a moderni impianti tecnologici. Anche il corpo di fabbrica antistante la Cantina, è stato restaurato fondendo elementi d'epoca, come i colori ed i fregi liberty, con soluzioni modernissime.
Un'ampia sala degustazione e uno shop accolgono gli ospiti, con a lato la bella barricaia a vista. All'esterno un nuovo portico si affaccia sul parco dei monumentali cedri, alberi bellissimi da preservare e tramandare.