Il vino non è un mondo semplice, è un mondo di valori sedimentati, con il quale generazioni si cimentano apprendendo e fornendo a propria volta contributi. È un patrimonio che si accresce lentamente, con fatica, facendo tesoro di errori, difficoltà, scegliendo possibilmente sempre la via maestra, che quasi mai coincide con la più breve. È saper attendere gli eventi con una visione di ampio respiro, senza cedere alle lusinghe del risultato immediato, influenzando con il proprio agire il quotidiano ma rispettando la coerenza del disegno superiore. È tutto questo e tanto ancora, grande, sconfinato, che induce gli esponenti di famiglia Mastroberardino a percepire se stessi come interpreti che ricevono un testimone per ritrasmetterlo a propria volta e, in tale consapevolezza, stimano il proprio ruolo come tappa di un percorso armonico, in cui tutto e parti si fondono insieme, inscindibilmente, in ossequio al messaggio culturale che questa lunga storia incorpora e tramanda ....
Gli esponenti della famiglia Mastroberardino che si sono succeduti di tempo in tempo alla guida dell'azienda si sono identificati in un valore forte e basilare, che ha ispirato le scelte plasmando e colmando di significati una storia: la lealtà verso il proprio territorio, le origini, l'ambiente naturale e quello sociale, a tutela di un'identità culturale. La coerenza nei confronti di questo paradigma ha condotto in modo naturale la famiglia a svolgere un ruolo pionieristico nella difesa e valorizzazione, in purezza, del culto degli autoctoni, della viticoltura nativa, del Fiano, del Greco, dell'Aglianico, giungendo all'inversione di tendenza, ovvero consentendo a tali varietà, coltivate nell'ultimo secolo in territori circoscritti, di divenire interessanti al punto tale da essere importate e impiantate in nuovi e diversi contesti geografici.
La tradizione costituisce un valore nella misura in cui rappresenta un vincolo di coerenza, di credibilità rispetto alle decisioni che volta a volta vengono assunte. La famiglia Mastroberardino vive il contesto socioculturale vitivinicolo da circa tre secoli, in base alle più attendibili ricostruzioni storiche, a partire dal Settecento, epoca in cui un tal Berardino, con l'appellativo professionale di "Mastro", diede origine a una discendenza che, scelto il proprio quartier generale ad Atripalda, nel cuore dell'area viticola d'Irpinia, ove sono tuttora situate le antiche cantine, legò indissolubilmente le proprie sorti al culto del vino. Dieci generazioni, da allora, hanno condotto le attività di famiglia, alternando fasi di espansione e sviluppo aziendale a momenti di contrazione o di difficoltà, circostanze ricorrenti nella storia delle imprese familiari di più antica origine.
Richiamare la propria tradizione non implica la rinuncia ad innovare. Mastroberardino è una sintesi di competenze tecnologiche e tecniche tra le più avanzate. La loro applicazione, tuttavia, non è finalizzata a mutare la natura o i caratteri fondamentali dei propri vini antichi, bensì a preservarne l'esistenza e il valore, rendendoli compatibili con l'evoluzione degli schemi che contraddistinguono il gustare un vino. Le antiche cantine sono dunque allo stato dell'arte delle conoscenze in campo enologico, ma il modo in cui queste sono applicate in casa Mastroberardino rispetta i principi che da sempre ispirano la filosofia di famiglia.
Il carattere complesso di un gran vino conferisce importanza al tutto, all'inscindibilità dei momenti che lo generano, alle relazioni tra le diverse fasi del processo che concorrono a delinearne la personalità. Ciascun momento, dunque, ha la medesima rilevanza nella riuscita di un siffatto progetto. L'origine di questo cammino è rappresentata dal vigneto, in cui la cura e la dedizione dell'uomo contribuiscono a tutelare la risorsa naturale che l'ambiente dona, in territori che nel corso di millenni hanno confermato la propria straordinaria vocazione alla viticoltura d'eccellenza. Le tenute sono dislocate nelle aree che storicamente hanno rappresentato il fulcro delle zone di produzione tipiche dei grandi vini di questa regione.
A riconoscimento del ruolo che la famiglia ha avuto nella salvaguardia del patrimonio viticolo ed enologico dell'epoca romana, la Soprintendenza Archeologica di Pompei le ha affidato in concessione i terreni in antico adibiti a vigneto nell'antica città di Pompei, affinché venissero reimpiantati con i medesimi antichi vitigni che caratterizzavano e caratterizzano la viticoltura dell'area.
Una cantina antica, secolare, che dà il senso di accoglienza tipico del focolare, vissuta come simbolo di radicamento dei valori familiari. Meta di visitatori provenienti da ogni parte del mondo, è divenuta una pinacoteca, in seguito alla realizzazione di dipinti che ornano le cupole situate nelle grotte di invecchiamento ed affinamento ad opera di artisti come Raffaele De Rosa, Maria Micozzi, Doina Botez. Ambienti di lavoro e di contemplazione, caratterizzati da una sobrietà raffinata e discreta, che richiama alla mente sensazioni ormai sopite: il tempo rallenta, bandisce i rumori superflui; i preziosi, custoditi con serenità sapiente, riposano e temprano la propria personalità fino al momento in cui dovranno confrontarsi con l'esterno, portando con sé il patrimonio di sensazioni accumulate nel lungo periodo di gestazione. Dovranno recare un messaggio, quei preziosi, un messaggio antico e forte, che rifugge compromessi e superficialità: il messaggio del vino, sangue della terra.