Qui all'ombra dello "sterminator Vesevo" di Leopardiana memoria, grazie alla fertilità del terreno è tutto un tripudio di sapori e profumi.
Le albicocche, tenere, dolcissime e succose, erano già apprezzate dai romani; sono chiamate "crisommole", termine dialettale derivante dal greco (mele d'oro). Molto apprezzata è anche la mela annurca campana IGP, già raffigurata negli affreschi della Casa dei cervi ad Ercolano e dalle indubbie proprietà organolettiche, sta conquistando anche i mercati del centro e del nord Italia.
Eccezionali sono anche la susina di Somma e l'uva catalanesca, impiantata qui da Alfonso I d'Aragona nel 1450.
Dolcissime e gustose sono, inoltre, le ciliegie napoletane, il kaki (o loto) e la percoca (in estate la percoca affogata nel vino rosso è quasi un rito, e si dice sia stata introdotta dai dominatori spagnoli, maestri della sangria).
Tra gli ortaggi primeggia il pomodorino del piennolo, un pomodoro a grappolo, dalla forma rotonda e dalla punta a pizzo, utilizzato in tante ricette tipiche. Raccolto in "scocche" è solitamente conservato in locali ben areati in modo da poter essere consumato fino alla fine della stagione invernale.
La cucina di terra impiega gli aromatici pinoli del territorio per pizze di scarola, braciole al ragù e polpette al sugo. Molto saporiti i salumi locali, come la porchetta di Sant'Antonio Abate; nella vicina Nola si può assaggiare la salsiccia di Napoli.
Da più di un secolo a Somma Vesuviana si lavorano baccalà e stoccafisso (il merluzzo essiccato, da stock fish, bastone di pesce). Si fa risalire questa tradizione alla seconda metà dell'800, quando i contadini di Somma decisero di vendere i propri prodotti al porto di Napoli, barattandoli con il pesce che arrivava con le navi norvegesi.
In queste terre vulcaniche nascono le famose uve già citate da Sallustio e Plinio, a testimonianza di una tradizione che ha origini antichissime: la Falanghina del Vesuvio, la Coda di Volpe ed il Piedirosso, da cui si ricava il famoso Lacryma Christi DOC.
Mariarosaria Pisacane