D'inverno, al viaggiatore che percorre la sinuosa strada litoranea che costeggia il Tirreno, le isole Eolie (inserite nell'elenco dei Beni Patrimonio dell'Umanità nel 2000) appaiono nell'aria immota e limpida come certi disegni di bambini, con le sagome delle isole a galleggiare fra mare e cielo turchino. Nelle giornate calde, invece, quando la foschia s'adagia sull'orizzonte, gli incerti profili azzurri delle isole sembrano quelle d'un antica flotta, arenatasi sui fondali in speranzosa attesa di salvataggio. Ma nell'una come nell'altra stagione, esse accompagnano per lungo tratto il viaggiatore, ed è difficile resistere al loro richiamo, come se novelle sirene intonassero i loro canti maliardi dalle coste che sembrano così vicine. Isole quasi magiche, le Eolie, e favolose: qui gli antichi Greci, affascinati dal loro mutevole aspetto - esse, invero, appaiono e scompaiono secondo il capriccio delle nubi e dei venti, mutando colore e, sembrerebbe, perfino posizione - ambientarono più d'uno dei loro miti. Non è difficile comprenderlo anche oggi, pur con le nostre anime ormai avvezze a ogni forma di tecnologia, fin da quando si arriva a Vulcano, primo approdo del navigante che giunge dalle coste siciliane. Col suo aspetto fosco e il sentore di zolfo che vi aleggia, potrebbe sembrare davvero l'anticamera dell'inferno... e per certi versi lo fu, per le folte schiere di dannati che, fino alla fine dell'Ottocento, vi furono costretti in inumana prigionia a estrarre zolfo e allume dalle viscere della terra. Oggi di quei miseri forzati resta solo il ricordo, e l'isola è meta invece di turisti e di vulcanologi. I primi alla ricerca dell'emozione di un bagno nei fanghi riscaldati dal vulcano (e che hanno validità terapeutica per la cura di alcune malattie della pelle) e di un'ascesa al vulcano ammantato di polvere e cristalli di zolfo; i secondi attratti dalla possibilità di osservare e studiare da vicino i fenomeni vulcanici, unica traccia, almeno per il momento, di un'attività eruttiva che nel passato provocò immani cataclismi, descritti dagli storici fin dai tempi di Plinio il Vecchio con dovizia di spaventosi particolari. Fu proprio un'eruzione a distaccare Vulcano dalla sua vicina Lipari , il cuore pulsante dell'arcipelago, sua capitale fin dalle epoche più remote, quando le isole erano al centro del fiorente commercio dell'ossidiana, il vetro vulcanico ricercato in ogni angolo del Mediterraneo per le sue doti: non solo era una pietra assai tagliente, ma aveva perfino fama di essere taumaturgica, magica. Il paese si dispone tutt'intorno a due approdi e custodisce il Museo Archeologico Eoliano, uno dei più importanti d'Italia, ospitato nell'area del castello, la zona fortificata dove si stabilirono via via i successivi abitanti dell'isola. Oltre a reperti che testimoniano dell'antica storia dell'arcipelago, il museo ha anche una sezione vulcanologica in cui è illustrata la particolare geologia delle isole. Dopo la sosta nel museo si può visitare la chiesa del patrono San Bartolomeo, dal bel soffitto affrescato, vedere gli scavi che hanno messo in luce abitazioni di epoche diverse (alcune risalenti alla preistoria) e affacciarsi dal belvedere presso il teatro, per godere del magnifico panorama su Marina Corta, il pittoresco porticciolo che è uno dei cuori della vita sociale liparota. Ripreso il mare, si impone la circumnavigazione dell'isola, che consentirà ai naviganti di ammirare grotte, calette e scogli, prima di prendere il largo alla volta di Salina, la tappa successiva. Dominata dalla mole gemella di due monti, quest'isola è detta "la verde" per la quantità di vegetazione che la ricopre, e in effetti i suoi due prodotti principali sono legati proprio alla natura: i capperi e il malvasia, liquore dolce noto fin dall'antichità. A Salina si visita il borgo di Pollara, con la sua spiaggia ai piedi di una ciclopica parete strapiombante, e si ripercorrono le tracce di Massimo Troisi, che qui girò Il Postino, il suo ultimo film. L'arcipelago, del resto, vanta una lunga storia cinematografica: a Stromboli, ad esempio, Roberto Rossellini girò il film omonimo con Ingrid Bergman, consegnando al vasto pubblico le immagini nere e brulle dell'isola. Essa altro non è che la vetta di un immane vulcano sottomarino, la cui attività, documentata fin dalla notte dei tempi, non conosce soste, tanto che le eruzioni, a intervalli quasi regolari di 15 - 20 minuti, fungevano addirittura da faro per coloro che percorrevano il basso Tirreno. Oggi si organizzano escursioni notturne per vedere le eruzioni rosseggiare contro il velluto nero del cielo. Resta da dire di Panarea, pittoresco mix di mare, archeologia e mondanità. Su quest'isola, che da diversi anni si distingue per il suo turismo esclusivo, preferito dai più noti membri del jet set internazionale, nei pressi di Punta Milazzese c'è uno dei villaggi preistorici più importanti per la storia dell'arcipelago, ma anche la splendida Cala Junco, una delle più belle delle Eolie. E resta da dire delle due sorelle più appartate e solitarie, Alicudi e Filicudi. La prima, più occidentale, non è isola per tutti: basti sapere che non vi è neanche una strada carrozzabile ma solo viottoli lungo i quali inerpicarsi a piedi o a dorso di mulo. Le case sono poche e piccine, concentrate nella parte occidentale, e solo da pochi anni dispongono di energia elettrica. Anche Filicudi è ben lontana dal turismo di massa, sebbene meno selvatica della sua vicina. Imperdibile il bagno nel gigantesco antro del Bue Marino, così come le escursioni alla punta del Perciato e alla Canna, un faraglione basaltico che si innalza per oltre settanta metri sulla superficie del mare. E poiché stiamo parlando di isole e mare, nel bagaglio non potranno mancare maschera e boccaglio: anche i meno esperti potranno così esplorare i magnifici fondali, osservando a pelo d'acqua le praterie di gorgonie e gli agili guizzi d'ogni sorta di pesci.
(fonte: Sicilian World Heritage)