Il Celio
Anticamente il Celio era ricoperto interamente di querce, era chiamato mons Querquetulanus. In seguito derivò il suo nome attuale da aile Vipinnas, il condottiero etrusco Celio Vibenna.
Al tempo di Augusto il colle divenne la seconda regio della città, ma l'incendio del 64 d.C. distrusse il tessuto urbano della zona, che venne in gran parte privatizzata da Nerone.
Durante il periodo dei Flavi ai piedi del colle sorsero il Colosseo e strutture di servizio per gli spettacoli che si tenevano nell'anfiteatro; l'area s'infittì di sfarzose costruzioni signorili e Settimio Severo restaurò l'acquedotto neroniano, le cui arcate residue ancora oggi caratterizzano la zona.
Le ricche dimore del Celio subirono immensi danni a seguito del saccheggio dei Goti di Alarico, protrattosi dal 24 al 27 agosto dell'anno 410. I terreni devastati furono in seguito acquisiti dalla Chiesa per edificare templi, conventi e ospizi, sfruttando come basamenti le vestigia pagane.
Sul Celio sorseto nel secolo VI il grande convento di S. Gregorio e nel IX secolo la diaconia di S. Maria in Domnica e la chiesa dei Quattro Ss. Coronati.
Con l'enorme incendio provocato nel 1084 dall'incursione di Roberto il Guiscardo, i luoghi di culto e di devozione del Celio e delle sue vicinanze subirono un colpo gravissimo.
Solo a partire dal XVI secolo, la zona conobbe una ripresa edilizia fatta di ville nobiliari e numerose vigne, tra le quali è da ricordare quella della famiglia Mattei, oggi Villa Celimontana.
Negli anni Cinquanta fu invece recuperato il complesso monastico dei Ss. Giovanni e Paolo e l'adiacente campanile romanico. Iniziamo il nostro itinerario per i monumenti del colle da via di S. Giovanni in Laterano, dove si trova l'ingresso laterale della basilica di S. Clemente.
Da non perdere: San Clemente, i Santi Quattro Coronati, Santo Stefano Rotondo, Santa Maria in Domnica, i Santi Giovanni e Paolo al Celio, San Gregorio al Celio.
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