I progettisti della pista ad alta velocità dell'Autodromo di Monza realizzata nel 1955, gli ingegneri Antonio Beri ed Aldo Di Renzo, avevano un obbiettivo da raggiungere: permettere velocità medie elevatissime in condizioni di marcia uniformi, evitando cambi di marcia e l'uso dei freni. Si decise quindi di realizzare un anello ad alta velocità simile nello sviluppo a quello originale del 1922 ma di concezione più moderna. Fu così disegnato un tracciato costituito da due curve semicircolari con un raggio di circa 320 metri unite da due rettilinei di 875 metri ciascuno per una lunghezza totale del circuito di 4250 metri. Il primo grosso problema affrontato nella progettazione fu causato dall'inclinazione delle curve, indispensabile all'epoca per consentire alle autovetture di raggiungere velocità di percorrenza elevatissime.
Si optò per un inclinazione massima dell'80% che avrebbe consentito ai piloti velocità di percorrenza intorno ai 300 Km/h lungo tutto il circuito. I lavori per la costruzione della pista cominciarono a metà marzo 1955; purtroppo l'azienda incaricata dei lavori di costruzione fallì prima di concludere l'opera ma la direzione del circuito decise ugualmente di completare l'opera e i lavori, nonostante non fossero stati ultimati in modo ottimale, terminarono alla fine di agosto 1955, giusto in tempo per consentire la disputa del classico Gran Premio d'Italia di Formula 1.
Quell'edizione, la prima disputata sul nuovo circuito di 10 Km, fu considerata da alcuni giornalisti un vero e proprio azzardo; a poche settimane dal tragico incidente di Le Mans in cui perirono piu' di 80 persone, molti considerarono l'anello ad alta velocità molto pericoloso sia per i piloti che per gli spettatori. La corsa prese comunque il via regolarmente ed il successo di pubblico fu enorme: oltre 150.000 spettatori invasero l'autodromo per assistere all'evento. Vinse Juan Manuel Fangio davanti a Taruffi e Castellotti favorito comunque dal boicottaggio delle squadre inglesi che non parteciparono al Gran Premio. L'anno successivo la griglia di partenza fu piu' nutrita, 25 i piloti iscritti. I team inglesi questa volta si iscrissero alla gara dopo aver accuratamente preparato per giorni le loro vetture che dovevano sopportare le alte sollecitazioni provocate dal velocissimo circuito brianzolo.
La corsa iridata del 1956 fu vinta da Stirling Moss su Maserati davanti a Juan Manuel Fangio e la sua Lancia-Ferrari. Nel 1957 la pista sopraelevata vide protagoniste per la prima volta le vetture americane di Indianapolis per la prima edizione della 500 miglia di Monza. Questa gara fu riservata alle vetture americane ed alle Formula 1 europee, tutta da correre sull'anello ad alta velocita' in senso antiorario; la corsa fu denominata "Monzanapolis - Race of two world". La cosa comincio' a prendere forma quando l'Ing. Bacciagaluppi, presidente dell'Automobile Club di Milano, invito' Duane Carter, direttore di gara americano, a Monza. Bacciagaluppi sognava da tempo uno scontro tra le potenti vetture d'oltreoceano e la crema dell'industria europea; la sopraelevata poteva essere il teatro di questa sfida. Carter fu entusiasta dell'idea e programmo' l'evento per il giugno 1957. In aprile Pat O'Connor, stella americana, ando' a Monza per un primo test di gomme; non riscontro' particolari problemi e corse per 226 miglia ad una media di 163,4 mph (261 kmh). Il mese successivo O'Connor fece la pole position ad Indianapolis a solo 144 mph; Monza sarebbe diventata la corsa piu' veloce del mondo. La prima edizione della 500 miglia di Monza fu pero' praticamente disertata dagli europei, probabilmente a corto di preparazione per una corsa cosi' inusuale ed estremamente veloce. Molte comunque le stelle americane, oltre a Jimmy Bryan parteciparono anche O'Connor, Eddie Sachs, Troy Ruttman, Johnnie Parsons, Bob Veith e Tony Bettenhausen. La pole position fu di quest'ultimo ad una media incredibile per quei tempi, ben 177 mph (283 Kmh). Per la prima edizione della corsa, a causa soprattutto della mancanza dei piloti europei, ci furono soltanto 20.000 spettatori. La corsa fu comunque entusiasmante, con duelli ruota a ruota sino ad allora sconosciuti al pubblico europeo. La gara fu vinta da Jimmy Bryan che si aggiudico ben due delle tre manche disputate.
L'edizione della corsa 1958 fu invece completamente differente soprattutto per una consistente presenza di macchine e piloti europei: Ferrari e Maserati realizzarono delle auto appositamente per l'evento mentre piloti come Stirling Moss, Mike Hawthorn, Luigi Musso e Phil Hill decisero mesi prima di non perdere l'evento. Anche il grande Juan Manuel Fangio prese parte alla gara qualificando la sua roadster Dean Van Lines al terzo posto. Gli spettatori questa volta accorsero in decine di migliaia, attirati dalla sfida tra Musso e Jimmy Bryan, tra Stirling Moss e Jim Rathmann. La pole position fu dell'impavido Luigi Musso che porto' la sua Ferrari con motore di 4,1 litri ad una media di 174 mph. Musso guido' la corsa anche nei primi giri combattendo duramente con Jim Rathmann, Bryan e Ruttman ma ben presto la sua acerba Ferrari comincio' a dargli seri problemi. La seconda edizione di Monzanapolis fu comunque un grandissimo successo, sia per l'afflunza di pubblico sia per gli elevati contenuti tecnici della gara. Purtroppo a causa di alcuni problemi interni all'ACM quella fu l'ultima edizione della corsa, con grande dispiacere dei piloti americani che non vedevano l'ora di tornare a Monza.
Nel 1959 la pista venne utilizzata solo per gare minori ma nel 1960 il Gran Premio di Formula 1 torno' sul circuito completo di 10 Km. Fu un trionfo per la Ferrari che si aggiudico' i primi tre posti, favorita comunque dall'assenza di alcuni team inglesi. Phil Hill conquisto' la vittoria precedendo Ginther e Mairesse. Nel 1961 il Gran Premio venne disputato nuovamente sul circuito completo e quella volta lo schieramento di partenza fu veramente numeroso, ben 32 vetture.Tutti i team inglesi prepararono accuratamente la gara e si presentarono a Monza veramente agguerriti. Era comunque un Gran Premio destinato ad entrare, purtroppo, nella storia: nelle prime fasi della gara Jim Clarck tamponava Von Trips pochi metri prima della curva Parabolica; la Ferrari del tedesco fini' tra la folla facendo tredici morti. Lo stesso pilota fu catapultato fuori dell'auto e mori' sul colpo. Fu un duro colpo per il mondo delle corse, sei anni dopo la tragedia di Le Mans. La corsa comunque non venne cancellata e dopo un pausa fu dato un nuovo via. La vittoria ando' a Phil Hill su Ferrari, che quell'anno divento' campione del mondo. La tragedia di Monza segno' la fine dell'utilizzo della pista sopraelevata per le vetture di formula uno; sebbene non si fosse mai verificato nessun incidente grave sull'anello ad alta velocita', il nuovo regolamento della massima formula ora sconsigliava l'uso di tale pista per i Gran Premi. Cosi' per alcuni anni l'anello ad alta velocita' fu usato solo per gare minori e tentativi di record, sino al 1965, quando si decise di riutilizzarlo per una gara importante come la 1000 Km di Monza. A contendersi la vittoria nella prima edizione furono la Ferrari, incontrastata dominatrice della categoria Sport-Prototipi, e la Ford, intenzionata più che mai a sostituire la Casa di Maranello nel predominio. Famosa al proposito è rimasta la frase del presidente del colosso di Detroit, Henry Ford, il quale si lamentava del fatto che «la Ferrari ogni lunedì mattina può usufruire di pubblicità gratuita sulle pagine dei giornali di tutto il mondo, grazie alle sue vittorie». La Ferrari porto' a Monza le sue velocissime 330 P2 e 275 P2, mentre la Ford schiero' le potenti GT40. Pochi minuti prima delle ore 14 del 25 aprile le 34 vetture ammesse alla prima edizione della «1000 km» si schierarono al via. Il tracciato era quello completo, stradale e anello di velocità, rallentato però dalla presenza di una chicane all'ingresso della seconda curva sopraelevata.
La corsa non ebbe praticamente storia, con le rosse vetture della Ferrari che «macinarono» giri sempre in testa, fral'esultanza di una folla incredibile paragonabile solo a quella di un moderno Gran Premio. La vittoria venne conquistata da Mike Parkes e da Jean Guichet che riuscirono a far tagliare, dopo quasi 5 ore di corsa (media superiore ai 202 chilometri orari), alla loro «piccola» 275 P2 per prima al traguardo, precedendo così la più potente 330 P2 di John Surtees e Lodovico Scarfiotti. Solo terza si classifico'a la Ford GT 40 di Bruce McLaren e Ken Milles. La seconda edizione della "1000 km di Monza " sembro' nascere sotto cattivi auspici. Fin dal mattino la pioggia cadde con intensità inconsueta per la stagione, ma fu proprio in queste condizioni atmosferiche che la Ferrari colse un'altra prestigiosa affermazione davanti agli occhi di oltre 25 mila spettatori che, incuranti della pioggia e del freddo, rimanerono ai bordi del tracciato fino alla conclusione della gara. Il tema dominante della "1000 km " fu ancora una volta la lotta tra la "piccola " Ferrari e il colosso industriale Ford che ritento' la carta della vittoria con le sue GT 40. Fin dai primi giri sulle Ferrari ufficiali si verificrono strane morie dei motori dei tergicristalli, cosa che costrinse i piloti a gareggiare in condizioni di visibilità precarie. Nonostante questo, la 330 P3 del duo inglese formato da John Surtees (affettuosamente battezzato dai tifosi italiani "figlio del vento ") e dal lungo Mike Parkes, ingegnere collaudatore della Casa di Maranello, impose la sua supremazia doppiando tutti gli altri avversari, anche la insidiosa Ford GT di Masten Gregory e del baronetto inglese "sir " John Whitmore, cosa che avvenne sul lungo rettifilo delle tribune con la folla in tripudio. Ci si aspettavano grandi cose dalla piccola Dino Ferrari di 2 litri affidata alla coppia tutta italiana Lorenzo Bandini e Lodovico Scarfiotti, ma i problemi ai tergicristalli ne limitarono moltissimo le possibilità agonistiche, tantè che alla fine si ritrovarono solo in decima posizione. La gara monzese si dimostro' altamente selettiva, caratteristica che verrà rimarcata anche nelle edizioni successive: delle 40 vetture schierate alla partenza solo 19 riuscirono, alla fine, a classificarsi.Nel 1967 la pista sopraelevata e' sempre protagonista grazie alla prestigiosa 1000 Km. L'edizione di quell'anno propose il duello tra la Ferrari 330 P4 e l'avveniristica Chapparal, la vettura texana caratterizzata dall'alto alettone posteriore . Per un'ora, o poco più, fu un rapido duellare Ferrari-Chapparal che a vicenda passarono a condurre il veloce carosello delle 40 vetture. Poi l'originale modello americano dovette ritirarsi e la Casa italiana pote' continuare a girare indisturbata. Le rosse vetture italiane si poterono perfino permettere il lusso di duellare fra loro. Purtroppo Scarfiotti e il suo compagno Parkes furono costretti, a un certo punto, a rallentare l'andatura per l'insorgere di un piccolo inconveniente che colpi' la loro vettura. Dopo 5 ore e 7 minuti dall'inizio della corsa, la Ferrari 330 P4 di Bandini e Amon (il "campione sfortunato") taglio' per prima il traguardo, precedendo quella di Scarfiotti-Parkes. Terza, ma prima della classe "sport prototipi "fino a 2000 cc, si classifico' la Porsche 910 di Gerhard Mitter e Jochen Rindt, astro nascente del mondo automobilistico mondiale.Assente la Ferrari, il tema dominante della "1000 km di Monza" del 1968 fu lo scontro fra le Ford GT 40 degli equipaggi Ickx-Redman e Hobbs-Hawkins e le Porsche 907 di Stommelen-Neerpasch, Siffert-Hernwnn e Mitter-Scarfiotti. In realtà si tratto' di uno scontro impari dal momento che le potenti 5 litri americane risultarono le più adatte al velocissimo tracciato brianzolo, tant'è che quando Jacky Ickx e Brian Redman, incontrastati dominatori della prima parte della gara, furono costretti al ritiro i loro compagni di squadra Paul Hawkins e David Hobbs non ebbero alcuna difficoltà a prendere, e conservare fino alla conclusione della '1000 km' la prima posizione. Le Porsche ufficiali furono costrette a sostare più volte ai box per guai di diversa natura e solo nelle ultime battute, quando la GT 40 di Hawkins e Hobbs si fermo' per il normale rifornimento, la Porsche 907 di Stommelen e Neerpasch pote' rosicchiare una manciata di secondi, riuscendo poi a sdoppiarsi proprio nell'ultima mezzora di gara, quando cioè la Ford rallento' prudenzialmente l'andatura. Quello che non era riuscito contro la Ferrari, riesci' finalmente contro la Porsche e la Ford ebbe la soddisfazione di vincere per la prima, e ultima volta, la prestigiosa gara di durata. Per le speranze di vittoria Ferrari del 1967 le premesse ci sono tutte. Due vetture potenti e veloci, quattro piloti (Amon, Andretti, Rodriguez e Schetty) di sicuro affidamento. Nonostante tutto questo la Rossa di Maranello non riesci' a concretizzare con una vittoria la sua supremazia nei confronti della Porsche. La colpa principale della "defaillance " della Casa italiana fu da ricercarsi nei pneumatici che non riuscirono a sopportare le tremende sollecitazioni a cui venivano sottoposti sull'anello d'alta velocità. E così le rosse vetture, in testa fin dalla partenza, dovettero ritirarsi davanti agli occhi di oltre 500 mila spettatori, una al 39' giro (Amon-Andretti) e l'altra al 67'. Via libera quindi alla Porsche che riscatto' così la battuta d'arresto dell'edizione precedente. Di certo gran merito della vittoria della marca di Stoccarda ando' allo svizzero Siffert che seppe impostare una condotta di gara molto accorta, lasciando "sfogare" gli avversari nella fase iniziale della corsa per poi "infilarli " quando si trovarono in difficoltà. A causa del cambiamento delle vetture, sempre piu' potenti e con pneumatici di maggiore sezione, la 1000 Km dal 1970 si disputo' solamente sul circuito stradale. Il circuito completo cadde lentamente in disuso, utilizzato solamente per gare minori o rari tentativi di record.
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