Linari, Terra di confine
Linari, piccolo borgo medievale fortificato, sorge su una collina a 255 mt sul livello del mare in posizione dominante fra le colline della Valdelsa a 2 km dal fiume Elsa.
Il nome Linari discende da Linearis, toponimo di origine latina, il cui significato è limite, soglia, posto di confine, che ben rappresenta la sua posizione sul territorio perché collocata al confine fra il territorio fiorentino e quello senese.
Una prima testimonianza scritta riguardante il castello di Linari è costituita dal contratto della non lontana Badia a Passignano risalente al 1072. Anticamente il castello di Linari era ubicato al margine fisico-politico e giurisdizionale del contado fiorentino, difeso naturalmente su tre lati da strapiombi, è nominato come una terra fortificata a controllo della strada per S.Gimignano e Colle Val d'Elsa, diverticolo della Via Francigena, motivo che rese Linari conteso fra le maggiori potenze feudali prima e comunali poi.
Anche qui come in altre aree della Valdelsa investimenti di capitali di cittadini e processo di formazione del podere costituivano, già prima degli inizi del '300, una realtà ormai consolidata.
I primi proprietari del castello furono i Cadolingi di Fucecchio ma ben presto il castello si rese indipendente, libero comune dal 1279, ed entrò, nel 1292, a far parte della lega di San Donato in Poggio, traendone notevoli benefici che lo portarono a raggiungere una buona prosperità. Il comune era formato oltre che dal territorio del Castello, da località e villaggi di cui si conserva il ricordo nei nomi dei vecchi poderi isolati: Podere Donatea, Podere Sertofano, Podere Poggetto, Podere Arte; e di gruppi di abitati rurali: Capalle, Selva, Giugnano e Vignano. Risulta che il comune di Linari fosse dotato di circa 400 armati, numero considerevole all'epoca e segno di una notevole importanza.
La Repubblica Fiorentina non mancò in seguito di assoggettare Linari al suo controllo e questo fu l'inizio del suo declino.
Nel 1432 il castello fu assediato, espugnato e gravemente danneggiato dalle truppe senesi di Filippo Visconti che uccisero tutti i prigionieri e portarono nei bordelli di Siena le donne più belle.
Niccolò da Tolentino lo riconquistò in soli sei giorni facendone centro di un suo feudo. Suggestiva è a tal proposito un testimonianza di Leonardo da Vinci: "Con somma celerità ne veniste a Linari, castello munito da natura, fortificato da nemici, fornito di validissimi difensori. La vostra magnificenza con sommo ardire et incredibile virtù, sanza bombarde et sanza altro instrumento da combactare terre, solo con battaglia manuale, espugnò e vinse".
Nel 1500, a seguito dell'unità granducale, l'importanza strategica di Linari venne meno. Anche le famiglie Gherardini, i Guidi Capponi, i nobili Mancini Ridolfini e quella dei Baldi sono da annoverare fra i proprietari successivi.
Nell'800 il castello è stato restaurato e fortemente rimaneggiato secondo il gusto dell'epoca. Sono state così fatte aggiunte neogotiche che purtroppo non hanno risparmiato le strutture originarie medievali quali la casa del signore con la sua torre così come altri edifici rurali distribuiti lungo la via centrale lastricata, oggi solo in parte percorribile. Tale via univa le scomparse porte di accesso, quella settentrionale, chiamata Porta a Salti, della quale oggi è presente una ricostruzione medievaleggiante dei primi del '900, e quella meridionale, probabilmente chiamata Porta al Perone. La porta settentrionale è probabilmente detta Porta a Salti a causa delle forti depressioni naturali che il terreno di tufo presenta su questo versante di difficile accesso. Dal versante meridionale l'accesso era invece più agevole poiché il terreno si prolunga in un altipiano che si dirama e giunge a fondovalle più dolcemente.
Ai piedi della collina su cui sorge Linari scorrono infine tre torrenti, il Drove, lo Staggia ed il Bozzone, affluenti dell'Elsa. Le mura, di forma ellittica, sono praticamente scomparse, fatta eccezione per due torri e la base di una terza diruta.
Linari ha due importanti chiese, la principale di queste, all'interno del recinto fortificato, è quella di S.Maria, costruita sullo spiazzo della Rocca e in parte crollata, dove è ancora visibile un'iscrizione che ricorda Linari come libero comune. Fuori dalla cinta muraria sorge la Chiesa di Santo Stefano [citata nel 1202 come appartenente al comune di Semifonte], bella chiesa in stile romanico rurale trecentesco ad unica navata con annesso oratorio di S. Carlo Borromeo. Molti elementi successivi sono gotici.
Vita e Società
Durante il regime feudale la maggior parte dei Linaresi apparteneva alla classe dei fedeli, ovvero coloro che avevano ricevuto immobili in enfiteusi sottostando a gravosi e svariati oneri. L'enfiteuta non poteva se non con il consenso del signore alienare le case e i terreni concessigli doveva bensì fare la guardia notturna sugli spalti e alle porte del castello corrispondendo annualmente al dominio le prestazioni alle quali era obbligato. La tanto servile e gravosa condizione della maggioranza dei fedeli provocò nel secolo XII° la più tenace lotta degli oppressi per sottrarsi agli oneri assunti.
Il 29 maggio 1270 divenne per la prima volta libero comune. Questo era retto da consoli e fu probabilmente stabilito da modesti proprietari e dai contadini della terra , salariati a giornata. Quando occorreva convocare tutti gli uomini ci si radunava nella chiesa di S. Maria , con i consoli e con un notaio che si occupava di far pagare multe e che riportava fedelmente i resoconti a Firenze. L'adunanza veniva annunciata dal suono della campana e dalla voce del banditore, secondo l'uso. Al consiglio generale erano ammessi soltanto coloro che pagavano le tasse pubbliche e perciò esclusi proletari o nullatenenti. Si calcola che ai tempi il popolo Linarese fosse di circa 1500 persone. Fino a pochi anni fa esisteva una lapide muraria collocata sul muro affianco alla cisterna pubblica che ricordava il momento in cui Linari era divenuto libero comune ( MCCCLXIX...COMUNE...LINARI...P.TO APPIANO...).
Sopra la cisterna pubblica si trova una piccola stanzetta che faceva probabilmente parte di quello che fu l'edificio comunale con una piazzetta antistante chiamata platea communis. Il fabbricato è stato demolito nel 1844 perché pericolante. Le limitate mura del castello facevano si che le case si trovassero addossate e racchiuse in poco spazio, molte abitazioni infatti assomigliavano a capanne o tugurii. Nel castello vivevano poche famiglie agiate , molte di più erano quelle che padrone di terreni avevano fatto fruttare il loro lavoro col sudore. La maggior parte della popolazione era comunque nullatenente.
All'interno delle mura si trovavano svariate cantine scavate nel tufo, che furono inizialmente anche abitazioni. La tradizione dice che si sono estinti molti casali sulla pendice ricca d'acqua a piccola distanza dal castello, detta fonte castellana. Molte erano le coltivazioni di vigneti, olivi grano e orzo. La terra era misurata in staioli e suddivisa in panora e pugnora. La misura dell' olio si chiamava invece broccola.
Erano proibiti i giochi di denaro e vi erano gravi pene sia per chi giocava che per chi si fermasse a guardare; concessi erano invece gli scacchi, gli aliossi, le marelle (comunemente detto gioco delle piastrelle), e il saettare (tiro con l'arco). Era imposto a tutti proprietari e nullatenenti di pagare tasse alla chiesa, di rimettere in sesto strade e corsi d'acqua nel proprio comune nel mese di maggio. I padroni erano obbligati a tenere pulite le strade pubbliche e a tagliare le siepi in agosto. Se ad un funerale un caro non andava a salutare il defunto veniva multato di 20 soldi, come anche nel caso in cui il prete non trovasse ad aspettarlo sulla porta di casa una persona debitamente pagata che doveva poi unirsi al corteo per trasportare il defunto alla chiesa e quindi al cimitero. Era proibito procedere a cattura di colpevoli il venerdì, giorno del mercato di S.Donato; vietato gettare pietre sui tetti delle case e la pena veniva duplicata se venivano scagliate pietre sulle finestre delle case in cui abitava una moglie.
Il Borgo inoltre era terra fortificata a confine fra le implacabili e litigiose Siena e Firenze. Per questo gli abitanti di Linari non ebbero vita facile fino a quando i Medici non unificarono la Toscana. Alla miseria, male comune delle popolazioni contadine, si aggiungeva il continuo stato di guerra fra le due città con tutto quello che comportava, assalti, morti, devastazioni dei terreni coltivati e deportazioni di abitanti. In passato non è quindi stato un posto idilliaco, anche se la vallata fra Linari e Sant'Appiano è chiamata Valcanora, in riferimento ai canti degli uccelli di cui dicesi essere stata colma, del fragore delle sue sorgenti d'acqua e dei profumi dei fiori dei suoi boschi...
CHIESE DI LINARI:
La chiesa di S.Stefano a Linari, ubicata fuori dal castello di Linari nella parte sud-ovest del colle prospiciente la valle dell'Elsa, venne citata come semplice chiesa appartenente al territorio di Semifonte prima che venisse distrutta il 7 aprile del 1202.
Fra il 1260 e il 1266 subì gravi danni dai Ghibellini fiorentini che distrussero le proprietà dei fuoriuscenti Guelfi. Fu suffraganea dal 1266 al 1277 del piviere di S.Appiano.
Alla chiesa di S. Stefano era annessa una comunità di canonici come appare chiaramente nella Rationes Decimarum del 1276-77 e nei documenti successivi. Per tutto il XIV° secolo Linari è stato al centro di numerosi spostamenti, lo dimostra il fatto che esistessero numerosi spedali e alberghi nei dintorni: Cortebuona (fin dal 1348), S.Niccolò (dal 1289 oggi scomparso, in cui soggiornavano i pellegrini diretti a Roma) e S.Maria (1313). Questa funzione le procurò una discreta prosperità per tutto il XIV°sec.
L'assenza dei sacerdoti che vivessero in loco portò ad un forte degrado della chiesa, che nel 1446 era quasi rovinato. Subì in seguito ( XVII° sec.) interventi che introdussero molti elementi barocchi. Intorno al 1930 sono stati effettuate opere di ristrutturazione che hanno riportato alla luce la struttura medievale ripulendola da quelle barocche ridonando così la sua originaria sobrietà. La struttura di questa chiesa di piccole dimensioni è tipica di quelle rurali trecentesche: pianta rettangolare costruita in mattoni con elementi gotici negli archetti delle monofore, senza abside con pietra di arenaria alla base.Sotto lo spiovente del tetto di ciascuna delle pareti laterali si aprono sei strette monofore , mentre sulla facciata un archivolto a tutto tondo sovrasta il portale moderno. Sulla parete della tribuna si aprono tre monofore con archivolto in laterizio che richiamano, specie in quella centrale, quelle della tribuna dei Santi Jacopo e Filippo a Certaldo.
Elementi romanici sono visibili nelle parti inferiori del perimetro murario e nel fianco settentrionale dove si apriva un portale piuttosto elegante ora murato, coronato da un arco crescente in cotto di tradizione fiorentina composto da una ghiera modanata e decorata a zig-zag, uno dei motivi in cotto più diffusi e più antichi della Valdelsa. L'associazione di tutti questi elementi permette di collocare questa fase della costruzione tra l'XI e il XIII secolo. Trecentesco è l'archivolto della porta tra il coro e la sacrestia al cui interno si trova un affresco monocromo che raffigura un drago che divora un uomo e un cavaliere con la lancia. Il campanile, torre quadrata assai nobile in stile gotico, avrebbe più slancio se la cuspide a piramide fosse conclusa.
Accanto alla chiesa si trova un piccolo oratorio tardo-secentesco dedicato a S.Carlo Borromeo che ne fu ospite. Sull'altare dell'oratorio vi è un tabernacolo eucaristico in pietra serena di fattura rinascimentale. Nel timpano si trova il simbolo trinitario formato da tre volti umani barbuti, questo simbolo, pur non approvato dall' autorità ecclesiastica si ritrova tuttavia anche in chiese più importanti di S.Stefano come S.Trinità in Firenze.
Nella Chiesa si celebrava la festa di S.Apollinare, perché si credeva che il nome Linari derivasse dal nome del santo. La chiesa è aperta al culto ed è visitabile. S.Maria a Linari Era la chiesa parrocchiale del castello costruita sullo spiazzo della rocca nel XIII° secolo.
L'impianto romanico aveva una piccola abside semicircolare che è stata perduta nella trasformazione secentesca, all'interno perché abbandonata da troppo tempo le sovrastrutture barocche stanno cadendo. Il bel campanile al contrario, elegante costruzione settecentesca singolare nella nostra campagna, da un tocco di qualità al colle. Era proprio da questa Chiesa che i Linaresi avvistavano soccorsi e nemici in arrivo. Il nemico non avendo via libera a transitare attraverso il borgo dovevano costeggiare il Castello per dirigersi a Poggibonsi e Certaldo, nascondendosi nei boschi guadando i torrenti, un tempo fiumi, che nella maggior parte dei casi alluvionavano la Valcanora rendendola paludosa e difficile da attraversare.
La chiesa servì anche da sede delle assemblee popolari e del consiglio.
Fin dall'anno 1313 nella chiesa di S.Maria esistevano due confraternite: la societas sancte marie che teneva un ospizio per i pellegrini e i poveri di passaggio e la societas discipline cioè una compagnia di penitenti, come numerose si trovavano nelle città vicine Siena e Firenze. La chiesa conteneva pregevoli opere d'arte: due dipinti su tavola, raffiguranti la madonna con il bambino e i santi di pittori fiorentini del XIV° e XV° secolo attualmente conservati nella canonica di S.Stefano.
OPERE:
Madonna col Bambino "S.Dorotea e Santa Lucia" Il dipinto eseguito su tavola centinata ( 100 x 54 cm ) raffigura la Vergine col Bambino fra S.Luca e S.Dorotea risale alla scuola fiorentina del XIV° secolo ed è attribuito ad un pittore che si avvicina per stile a Jacopo di Cione. La madonna di Linari appartiene infatti alla stretta sfera orcagnesca ma rivela una qualità artistica assai alta e poco consueta. Si noti infatti come la massa plastica della madonna prende campo sull'intero quadro, e come questo segno di effusione sia accompagnato da lieve sollevamento del volto; si noti inoltre la grazia delle sante che come piccole statuine decorano il gruppo sacro. Si osservi infine come il pittore appoggi sul fermo modellato le sfumature, simili a lievi e fitti bagliori.
"S.Pietro fra Paolo e Giovanni Battista" un opera raffigurante la pace, egregio lavoro in rame cesellato e dorato del Filarete .Appartenente alla scuola fiorentina del XV secolo, è stato a lui attribuito perché i confronti con la porta vaticana risultano molto visibili: si ritrovano gli stessi volti , lo stesso modo di trattare la barba a linee sottili e decorazioni simili , dai fondi operati come un avorio bizantino, dalle teste di putto nelle lunette laterali ai putti alati appoggiati a quella principale e l'architettura a pilastri corinzi scanalati. L'unica differenza importante è nel panneggio, in questa pace di Linari esso è più sciolto, fluido e plastico ,derivante dalla fase Ghibertiniana di Donatello essendo a Roma invece più rigido e lineare. La pace di Linari sembra antecedente all'attività romana dell'artista , in tal caso questo rappresenterebbe un aspetto del suo periodo fiorentino e giovanile.
Testo estratto dal sito della casa vacanza linearis