Tommaso Aniello d'Amalfi, meglio conosciuto col nomignolo di Masaniello, fu il principale protagonista della rivoluzione napoletana che vide, dal 7 al 16 luglio 1647, la popolazione della città insorgere contro la pressione fiscale imposta dal governo vicereale spagnolo.
Nacque a Napoli il 29 giugno 1620 da Francesco d'Amalfi e Antonia Gargano; sebbene analfabeta, era dotato di vivace intelligenza ed era noto in Piazza Mercato, oltre che per il suo mestiere di pescivendolo, anche per quello di contrabbandiere reale. Il 7 luglio 1647, insieme a Giulio Genoino, fu a capo della c.d. "rivolta dei fichi", il cui pretesto fu proprio l'imposizione dell'odiata gabella sulla frutta ed i prodotti agricoli. La protesta si estese in tutto il Regno, venne proclamata la Real Repubblica sotto la protezione della Francia e Masaniello fu nominato "Capitano generale del popolo Napolitano". Ben presto, però, Masaniello fu accusato di pazzia, per comportamenti sempre più dispotici e stravaganti che lo resero inviso al popolo. Il 16 luglio del 1647 cadde vittima di una congiura: il cadavere fu orrendamente mutilato, la testa conficcata in un palo e portata in trionfo per le vie della città.
Ma che legame c'è tra il capopopolo napoletano e Atrani?
La leggenda vuole che, braccato dai soldati del vicerè, per qualche tempo Masaniello si sia nascosto in una grotta che da allora prende il suo nome (Grotta di Masaniello) e che si trova in prossimità di quella che, invece, è stata accertata essere la casa dei nonni materni, Casa Gargano, nei pressi della Chiesa di Santa Maria del Bando.