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Hotel Luna Convento Amalfi

  • otel Luna Convento Amalfi - Locali d'Autore

    Chiostro Hotel Luna Amalfi

Hotel Luna Convento
Nino d'Antonio
Un museo dell'ospitalità
Del chiostro ha la grande quiete e quella diffusa sacralità che il via vai degli ospiti riesce appena a scalfire. Per cui si fatica a pensare come il convento, voluto dal più umile dei santi nel 1222, sia diventato circa sei secoli dopo casa e locanda.
A Francesco d'Assisi, cantore del creato e voce primigenia della nostra poesia, il luogo dovette sembrare quanto mai adatto all'insediamento di una piccola comunità di frati. Quello spuntone di roccia più avanzato degli altri sfidare il mare di Amalfi sembrava uscito dalle mani di Dio: forte e possente, e al tempo stesso con l'andamento e la grazia da antico merletto a formare le due insenature di Amalfi e di Atrani.
E poi quella, per Francesco, era terra benedetta. Pur nell' intrigo dei traffici, delle mercanzie, dei commerci, dei chiacchierati piaceri importati dall'Oriente, Amalfi aveva sempre dato prova di grande fede.
A cominciare dalla difesa della Chiesa e di Roma nella sanguinosa battaglia di Ostia dell'849, contro i Saraceni; alla costruzione a Gerusalemme di un grandioso ospedale con duemila posti; sino alla creazione del primo ordine militare e religioso, quei cavalieri di San Giovanni, poi detti di Cipro, di Rodi, e poi ancora di Malta, e come tali tuttora attivi. Si, Amalfi avrebbe dato ogni possibile aiuto per tirare su il convento, e chissà che i frati non sarebbero cresciuti, anno dopo anno, secolo dopo secolo. Una storia, questa, tutta da ricostruire, sino ai primi dell' Ottocento, quando il convento comincia ad avere più celle che monaci, e il Concordato di Terracina fra i Borboni e la Chiesa riscrive la sorte delle tante comunità religiose del regno.
Cosi l'antica sede dei francescani entra a far parte dei beni della parrocchia dell'Assunta, a Pastena, una frazione di Amalfi, e successivamente ceduta in locazione alla famiglia Barbaro: gente semplice, con qualche soldo, e un rapporto viscerale e visivo col mare, che sarà determinante quando decidono di prendere casa nel vecchio convento.
La sistemazione dovette essere tutt'altro che agevole in quella sconcertante costruzione, nata seguendo il costone della roccia e cresciuta a poco a poco verticalmente, con impennate da mozzare il fiato. E poi quella fuga di celle, piccole e severe, inospitali e suggestive, e il grande refettorio con la cucina; e l'orto, il chiostro, la chiesetta, e soprattutto il mare: quel mare dinanzi al quale non saprai mai dove finisca il mito e cominci la storia.
Lo spazio e tanto che anche per una famiglia in crescita sarà sempre troppo. Cosi prende strada l'idea di riservare qualche ambiente al forestiero che arrivi ad Amalfi, e che spesso ha difficoltà a trovare alloggio. Di questa preistoria del Luna parlo con Andrea Barbaro: una laurea in legge, irrequietezza da giramondo, relazioni a tutte le latitudini, ozi fra arte e musica, garbo e amabilità di chi è nato e vive in una straordinaria casa-albergo.
Si, siamo stati i primi, mi dice. Gli alberghi sono ancora tutti da venire, e qualche camera in fitto è nel cuore della Valle dei Mulini, senza vista sul mare e con tutti i limiti della coabitazione in spazi assai avari. Cosi la nostra locanda (poche celle, qualcuna comunicante con quelle attigue per poter ospitare una famiglia) finisce in breve per essere il luogo più accreditato per un soggiorno in Costiera.
D'altra parte chi arriva quaggiù, non è di transito. La costa d'Amalfi, da Vietri a Positano, è una sorta di avventura per chi ha voglia di viverla: l'unica via è il mare, che nella cattiva stagione non è troppo clemente. L'alternativa è data dalle impervie mulattiere o dalle mille e passa scale che si arrampicano dal mare sino alla cima dei Lattari. Così il viaggiatore - e si tratta di persone quanto mai motivate - si ferma per qualche tempo, spesso al di la di ogni previsione, rapito giorno per giorno da una natura e da una civiltà incomparabili. E quando riparte, sa tutto dei luoghi, della gente, dei riti, e ne parla e ne scrive, sicché alla Locanda della Luna (è cosi che si chiama) c'è sempre qualcuno che dal Nord Europa chiede "una camera sul mare, tutta luce e sole".
Poi, nel 1857, arriva la strada. É un'opera ardita, che sottrae al monopolio del mare tutta la costa, favorendo anche i collegamenti con Napoli. Ma al Luna hanno precorso i tempi, e appena è stato definito il tracciato e avviati i lavori, la locanda migliora i servizi e l'arredo e diventa albergo: il primo e il solo di tutta la costa.

A meta del secolo scorso, l'Hotel Luna ha un'attività assai diversa da quella di oggi. La stagione balneare non esiste (e ce ne vorrà prima che l'andare al mare entri a far parte delle nostre abitudini) e chi arriva in Costiera lo fa d inverno. I nordici soprattutto vi passano i mesi più freddi, lontani dalle nebbie e dalle nevi dei loro paesi. Così per l'albergo la stagione meno faticosa è proprio l'estate. Anche se le donne (oh, quante se ne contano nella storia del Luna, da quelle di casa Barbaro, straordinarie protagoniste di un ospitalità che negli anni diventerà mitica, a quella pattuglia di oscure ragazze impegnate a tenere in ordine le camere, fare il bucato, portare i bagagli dei clienti) non rimangono di certo a oziare. Quando il sole rende più roventi le cupole delle chiese e fonde la pece sui lastrici, le donne dell' Hotel Luna fanno la pasta a mano. La grande sfoglia, tesa e nervosa come un tamburo, partorisce montagne di tagliolini e di tagliatelle, mentre una primitiva macchinetta, pomposamente chiamata "ngiegno" (ingegno), sforna a pieno ritmo spaghetti e vermicelli. Tutta pasta fresca da asciugare con cura e pazienza ai raggi del sole, sulle coperture dell'albergo o al centro del chiostro
Intanto l'arrivo della grande strada comincia a cambiare la vita in Costiera. Ora qualche carrozza arriva anche d'estate, e più di un ospite chiede di raggiungere Scala e Ravello. Una sorta di esplorazione da farsi a dorso d'asino, perché il tracciato della strada non va di un centimetro verso l'interno. La tipologia di questi viaggiatori non lascia dubbi: artisti, scrittori, naturalisti, tutta gente che registra memorie ed emozioni sulla tela o nei diari di viaggi, e che ne sa parlare con grande fascino. Cosi le antiche chiese di Scala, la magia del silenzio e delle ville di Ravello entrano nell' immaginario degli ospiti per passare in quello di chi li legge o li ascolta. É questo il grande debito che la Costiera ha contratto nei confronti dei suoi primi visitatori. Al mattino di buon'ora, gli ospiti trovano cavalcature e accompagnatori in un locale a pianoterra dell'albergo, che per l'uso cui era destinato - ricorda Andrea Barbaro - è stato chiamato per anni "la stanza dei ciucci". E in questa stanza nell'autunno del 1880 attese il suo asino anche Riccardo Wagner diretto a Ravello, dove avrebbe trovato l'ispirazione per la scena del Giardino di Klingsor del suo "Parsifal". Ma allora, al di la della famiglia Barbaro, nessuno fece caso al compositore, come già era avvenuto per Ibsen nell'estate del '79, quando aveva trascorso al Luna, nel quartino numero cinque, ben tre mesi. Da quel soggiorno nacque "Casa di Bambola", il cui secondo atto si conclude con le vivaci note della nostra tarantella.
É un viaggiatore inglese (firma indecifrabile: un botanico, uno scrittore? ) quello che nell'inverno del 1840 segna per primo il suo nome nell'albo d'oro del Luna. Si è ancora locanda, ma ha quasi vent'anni di attività, e i Barbaro, sia pure confusamente, avvertono che è destinata a fare storia. Tanto è che mettono a disposizione degli ospiti di riguardo un albo, vale a dire uno strumento allora appena reperibile negli alberghi delle grandi città. Ed è sulla scorta di questi albi (i più antichi sono cinque e tutti fitti di annotazioni insospettabili) che si potrebbe ricostruire una storia minore di Amalfi e dei suoi più illustri ospiti, tutti di casa all' Hotel Luna.
La testimonianza più ricorrente in questi scritti dal sapore d'epoca è il riferimento alla Casa e quindi ad un tipo di accoglienza, familiare, calorosa e al tempo stesso discreta, in virtù della quale l'ospite finisce per non sentirsi più tale. Un'accoglienza che si è giovata negli anni di una continuità pressoché unica: quella che vede la famiglia Barbaro da sempre alla conduzione dell'albergo. E questo spiega anche le particolari relazioni che si sono da sempre instaurate con la clientela: una sorta di rapporto privilegiato e senza incognite, in cui l' ospite accetta solo il ricambio delle generazioni, certo che dall'altra parte ci sarà comunque qualcuno di casa Barbaro.
E questa continuità investe anche il personale più responsabile dei rapporti con la clientela, per cui il direttore Andrea Milone è al Luna da oltre quarant'anni, e copre il posto che già fu del padre Biagio, memoria storica e appassionata di questo straordinario museo dell'ospitalità. É a lui che bisogna chiedere delle semplici e severe abitudini di re Gustavo di Svezia, dell'ansia di Ingrid Bergman per le telefonate di Rossellini, delle raccomandazioni della giovane Paola di Liegi per un buon caffè. Della Bergman, Milone ricorda l'incontrollabile eccitamento dinanzi al panorama di Amalfi e la scelta immediata di alloggiare nella Torre: una costruzione del Cinquecento che ammolla le radici nell'acqua e che costituisce l'area balneare e mondana del Luna. Di notte, quando convengono luna e stelle e lo scirocco soffia leggero increspando appena le onde, dicono che fra le pareti della torre si ascolti la musica del mare. C'è una sola camera nella torre, e Ingrid vuole quella per il suo amore italiano. Ma gli albi vincono ogni memoria, e vanno assai indietro: sino a Gregoriovus a Morse a Bismarck e ai tanti ospiti meno illustri. Mettere insieme una ristretta antologia di queste annotazioni può essere interessante, anche per quanto riflette il costume. Ecco un evento del tutto dimenticato, ma che allora dovette suscitare non poche preoccupazioni: "Joseph, Janette e Rosa Albertini, provenienti dalla Cava, hanno passato il 13 giugno 1857 in questo buono albergo ove si rifugiarono per il timore della tanta rinomata cometa e ad onta di questa mangiarono buon pesce fresco e buoni maccheroni." E ancora un elogio al Luna: "Tutto cambia in questo mondo, passano i secoli, ogni anno i fiori scoprono e ricoprono la terra, anzi dopo un poco cessa la primavera, ma la bella vista dalle finestre di questo albergo, la gentilezza e l'ospitalità della sua padrona, non meno che la buonissima cucina e il servizio premuroso non cesseranno mai."
Poi, nel clima della prima guerra mondiale, l'inevitabile impennata retorica: "Vivendo qui, o Amalfi, gli attimi che si vorrebbero non fossero fuggenti, si sente tutto l'orgoglio di essere Italiano e di aver dato il proprio sangue perché nel mondo il destino d'Italia fosse ricordato e fosse monito a quelli che furono dimentichi del grande nome di Roma."
Infine una testimonianza degna di migliore fortuna, per aver indicato sin dal febbraio 1858 la presenza della Grotta dello Smeraldo: "Alessandro Brambilla di Milano, possidente, con la moglie, due figli e due domestici. Per il bene dei forestieri viaggiatori amanti delle cose belle, il sopra segnato si pregia di far conoscere che nelle vicinanze di Amalfi, nel villaggio detto Conca, da circa un mese si è scoperta una specie di caverna 'Monstrum' che per qualità e bellezza è un vero fenomeno da far rimanere estatico chi è anche avvezzo nel giro del mondo a vedere meraviglie; per cui senza esagerazione questo bel fenomeno, solo parto della natura, può gareggiare col Vesuvio per essere veramente degno di soddisfare pienamente la curiosità dei critici più esigenti. Si consiglia in tale gita di servirsi di certo Luigi Milone come la guida più pratica e piena di riguardi per i forestieri." É questa la sola testimonianza sulla Grotta, prima che nel '32 il Corriere della Sera ne darà notizia come di una recente, straordinaria scoperta. Ma l'archivio del Luna non e fatto solo di albi d'oro. C'è tutta una imprevedibile corrispondenza da ordinare, anche presso altre sedi, fra istituzioni, personalità, uomini di Stato, comunque legati ad Amalfi, e che costituisce un altro serbatoio della sua storia. Una grafia inconfondibile: quella di Mussolini: "... ho di Amalfi una grande visione di mare, di cielo, di gloria! Sono anch'io , pellegrino conosciuto, passato attraverso la vostra città: ho alloggiato all'albergo della Luna; mi sono inginocchiato nella vostra grande cattedrale 'repubblicana' e imperiale e marinara; ho percorso la strada dei Mulini e di quelle ore non ho che il ricordo e la più cocente delle nostalgie! Cara, cara, adorabile Amalfi..."
Nel '29, non più "pellegrino sconosciuto", Mussolini donerà ad Amalfi l'unico manoscritto delle Tabulae, un tempo appartenuto al doge Marco Foscarini e solo allora ritrovato a Vienna. Ci sarà qualcuno che avrà il gusto e la pazienza di porre mano a queste carte? Qui il passato ti viene incontro a ogni passo, ti avvolge, lo ritrovi nelle pietre, nelle architetture, negli arredi, nei dipinti; gioca a contrastare con tutto quello che il tempo ha via modificato, aggiunto. Cosi il faro della lampada esalta l'arco a sesto acuto, e le maioliche del bagno sottolineano il taglio della piccola bifora. La storia insomma qui è di casa. Lungo il perimetro del chiostro, incupito appena dall' orgia di fogliame dove occhieggiano corposi e gialli i limoni, incrocio due stranieri: andatura lenta, mani dietro la schiena, un lieve e sussurrato parlare. Ho qualche esitazione, poi faccio un cenno col capo. M'era venuto di dire: pace e bene, fratelli.

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