L'attuale struttura del maniero richiama soltanto parzialmente il periodo angioino, e specificatamente gli anni della nota Guerra del Vespro che insanguinò le nostre contrade tra la fine del Duecento e gli inizi del secolo successivo (1282-1302). Allora esso è stato potenziato, ricadendo con Castellabate sulla linea di frontiera tra i due eserciti.
Il primo nucleo della fortificazione deve essere bizantino. La sua forma, definita solitamente triangolare, corrisponde, invece, ad un quadrilatero schiacciato in cui le due cortine a nord, sia per motivi strategici che per mancanza di un'area abbastanza ampia da consentire la realizzazione di una pianta più regolare, sono arretrate, assumendo nella loro lunghezza complessiva l'aspetto del terzo lato, anche se non perfettamente in linea, di un triangolo; mentre il posto della torre circolare è stato preso dall'ingresso e dal relativo impianto difensivo.
Comunque, del primo periodo medievale normanno, forse consistente in una possente ed unica torre quadrata al centro di una cortina, a sua volta compreso in una cinta fortificata più vasta, di difesa al borgo, nulla o quasi rimane, così come del successivo periodo svevo resterebbe solo qualche rara testimonianza di riutilizzo nelle fasi successive. A differenza della cinta muraria dai caratteri normanno-svevi, il castello è stato oggetto di continui rifacimenti per adattarlo alle innovazioni dell'arte militare.
Difatti se del periodo angioino può essere superstite parte della cortina ed il fossato, nulla rimane della tipologia difensiva caratteristica dell'epoca, permeata da alte torri che, superanti notevolmente in altezza i muri perimetrali, ostacolavano l'assedio delle macchine da guerra (elopoli). E' invece con l'età aragonese e con la utilizzazione delle armi da fuoco, soprattutto delle bombarde che diventano molto incisive negli assedi a partire da poco prima della metà del Quattrocento, che quelle vengono abbassate e rinforzate alla base con scarpe, sia per non provocare, se abbattute dall'artiglieria, danni sugli stessi difensori, sia per offrire una superficie obliqua ai proietti. Di questo tipo sono le torri circolari del castello di Agropoli, simili nella base scarpata, nei merli ed in altri apprestamenti difensivi, a quello di Castellabate, datato, quanto alla fase iniziale, al primo trentennio del XII secolo (vivente l'abate Costabile Gentilcore).
Le feritoie poste all'interno delle torri e della cortina muraria percorsa da un corridoio coperto, direzionando i tiri di balestre ed armi da fuoco sul fossato e di fronte, proteggevano il castello da chi vi si avvicinava attraverso l'unico accesso (lato nord) che obbligava a passare davanti alla sua facciata principale, prima di accedere in esso grazie ad un ponte levatoio in legno.
Questo si univa nella difesa al profondo ed ampio fossato che lo cinge, la cui funzione in epoca angioina era quella di non far avvicinare le macchine da guerra e di far esporre gli assalitori in un'area scoperta, ove venivano bersagliati dalle armi dei difensori.
Il suo muro perimetrale presenta oggi un varco, aperto per poter salire al castello. Sulla base dei dati scaturiti da recenti lavori di recupero, con il conseguente rinvenimento di una feritoia posta a circa m. 2.00 al di sotto dell'attuale suo livello, si evince che esso doveva essere ben più profondo. Posti di guardia sorvegliati dalle sentinelle raggiungevano con l'ausilio di strette scale di servizio la sommità delle torri, controllando sia la base del castello che il suo ingresso principale.
Meno austero, per la sua fisionomia di carattere residenziale si presenta il cosiddetto palazzo del governatore che, da originario edificio dalle funzioni feudali-militari, prese successivamente - si veda il loggiato - l'aspetto della dimora residenziale, in un periodo in cui le esigenze belliche non erano più predominanti; ed esso accoglieva la corte baronale e il feudatario del momento, essendo subentrata la "pace" spagnola al turbolento periodo degli scontri tra Aragonesi e Francesi e delle congiure baronali che hanno visto per protagonisti i Sanseverino (prima Antonello (1496), poi Ferrante (1552).
Da notare nel castello anche la "Sala dei Francesi", un ampio locale che è stato costruito inglobando parte della facciata settentrionale, quando non fu più essenziale la sua funzione militare.
Essa prende il nome da un episodio vissuto da una guarnigione francese nel 1808, allorchè, sistematasi nel palazzo del governatore, ormai in abbandono dopo le leggi eversive della feudalità (1806), e ripristinando un vecchio cannone, mise in fuga una nave da guerra britannica che inseguiva una imbarcazione carica di munizioni, diretta in Calabria e comandata da un pirata maltese che Gioacchino Murat aveva nominato capitano.
Imponente era anche la cinta fortificata che circondava il borgo, protetta da alte torri quadrate che ricordano la conquista normanna, ma che probabilmente riconducono soprattutto al potenziamento dell'impianto difensivo voluto da Federico II nel 1242.
Vi si accedeva dall'ingresso principale, l'attuale portale trasformato nel corso del Seicento dai Sanfelice, il cui stemma è unito a quello dei delli Monti, della cui famiglia estinta con la moglie di Gian Francesco, essa assunse il nome.
Nel 1807 la cinta, nel tratto che prospetta la loc. Lecina ed il golfo di Paestum, appare ancora integra; ma nel corso del secolo esso sarà rimosso per far passare la nuova strada di accesso al borgo.
Il castello di Agropoli, come gli altri della costa del Salernitano fino a Policastro, era al tempo della Guerra del Vespro al comando del conte Tommaso Sanseverino, la cui moglie Margherita di Chiaromonte, con il favore del castellano, nonostante i tentativi di mantenerlo, deve cederlo al vescovo di Capaccio su ordine del re Carlo II d'Angiò, finché, nel 1412, Gregorio XII non lo vende al re Ladislao. L'anno seguente è concesso ai Sanseverino, che ne mantengono il possesso fino al 1552, l'anno citato della ribellione di Ferrante che ne causa la perdita per la famiglia e la successiva concessione ad altri feudatari. Ultima la famiglia Delli Monte Sanfelice che lo abbandona ma non sembra cederlo ufficialmente nel 1806 con la fine della feudalità.. Esso, sede di guarnigioni militari, nel 1810 è consegnato al sindaco di Agropoli, ma rimane in buona parte utilizzata dal Genio ed in contraddittorio con le richieste del duca Gennaro, alla cui morte (1837) gli eredi, sia per vendita che per donazione, lasciano il castello ad Ottavio, membro della famiglia Corasio, dalla quale poi esso è venduto ai Del Vecchio. nel frattempo (1842) il Ministero della Guerra non ha più ritenuto conveniente interessarsi del monumento, per la necessità delle ingenti spese da sostenersi per il suo recupero.
(fonte: GuidAgropoli)